CISTERNONE

POZZO GRANDE DELLA CITTADELLA 

Più noto come Cisternone, il Pozzo Grande, realizzato fra il 1565 e il 1607 per dotare la Cittadella di una fonte d’acqua perenne, deve la sua celebrità alla struttura a doppia rampa elicoidale affine a quella del Pozzo della rocca di Orvieto, detto di San Patrizio.

La fabbricca del Pozzo Grande, progettato da Francesco Paciotto (1521-1591), parte del grande cantiere della Cittadella, è impostata nell’ottobre del 1565. Al termine dei lavori di scavo, condotti fino al livello delle acque di falda, segue, negli anni 1566-67, l’edificazione delle strutture sotterranee, due rampe elicoidali sovrapposte e indipendenti, costruite entro due canne concentriche in muratura, coperte con volta a botte, pavimentate in mattoni e illuminate per mezzo di grandi finestre aperte nel cilindro interno a cielo aperto.

Al centro del Pozzo è ricavata la grande vasca circolare per la raccolta delle acque, delimitata da un basso parapetto in muratura.

Nel 1607, con la costruzione del loggiato a colonne, al di sopra del portico al piano terreno, e del tetto a doppia falda, viene infine completato anche il fabbricato fuori terra, simile «ad un grande anfiteatro antico». L’ingegnere militare Gabrio Busca (1540 ca-1605) lo descrive «di bellissima inventione» ove vanno i «ragazzi a cavallo a dargli bere, & quegli che sagliono non s’incontrano volendo con quegli che scendono» (Busca, pp. 246-247).

Dopo quasi un secolo di piena operatività, nel 1689, per ragioni belliche, sono smontati il tetto e tutto il loggiato a colonne. Il portico a pilastri scompare invece nel 1698, distrutto dall’esplosione della polveriera maggiore della Cittadella. Le rampe elicoidali, restaurate dopo l’assedio del 1706 ed ancora utilizzate per alcuni anni, risultano in parziale rovina alla fine degli anni Trenta del Settecento. Ulteriori guasti provocati nel corso dell’assedio del 1799 determinano il definitivo abbandono dell’opera, la demolizione di gran parte del sistema delle rampe ed il successivo completo interramento.

Le prime ricerche volte al recupero del Cisternone sono intraprese da Riccardo Brayda (1849-1911), ispettore degli Scavi e Monumenti del Circondario di Torino, negli anni Novanta dell’Ottocento, ma, contrariamente al suo progetto di conservarne i resti il Ministero della Pubblica Istruzione dispone, per ragioni economiche, l’interruzione dei lavori. La costruzione della scuola Ricardi di Netro, iniziata nel 1899, determina un ulteriore intervento di parziale demolizione per formare una parte dei sotterranei del nuovo edificio.

L’indagine archeologica moderna, impostata nel 1994 su progetto di Guido Amoretti (1920-2008), dopo una campagna di prospezioni preliminari, è proseguita con l’apertura di un cantiere di scavo, finanziato dalla Città di Torino, realizzato in due fasi fra il 1995 e il 2006 e condotto a cura del Museo Pietro Micca e dell’omonima Associazione, su concessione della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte.

I lavori hanno permesso il recupero (in via Valfrè 8, nel cortile della scuola “Ricardi di Netro”) del tratto terminale inferiore di una delle due rampe elicoidali, di una delle grandi finestre d’illuminazione e del grande arco di accesso alla vasca per l’abbeverata.

Il pozzo di discesa utilizzato nel corso degli scavi consente oggi l’accesso alle strutture poste a circa 15 metri di profondità, occasionalmente visitabili contattando la direzione del Museo Pietro Micca.

E’ un’opera militare voluta, come opera di difesa della sua capitale da Emanuele Filiberto, rientrato vittorioso a Torino dalla battaglia di S. Quintino, nel 1564. Fu scavato fino a raggiungere l’acqua di falda, Esso sorgeva al centro della spianata della piazza della Cittadella.

Descritto nel Theatrum Sabaudiae, l’edificio risulta coronato da un duplice ordine di colonnati. Quello inferiore poggiava su pilastri in mattone mentre quello superiore su colonne di marmo. Lo spazio interno fino alla bocca del pozzo era a cielo aperto. Lo spazio interno era ancora suddiviso in parecchie celle, che servivano da deposito di materiali da guerra, mentre pare dubbio il fatto che servissero anche da prigione.  Esso fu disegnato dal Paciotto, architetto militare, nel 1564, a somiglianza del pozzo di San Patrizio di Orvieto (capolavoro di Antonio da Sangallo). Lo scopo del Cisternone era quello di assicurare al complesso della Cittadella il rifornimento idrico, accedendo alla falda freatica presente nel sottosuolo di Torino. Questo apporto fu di fondamentale importanza nella resistenza durante l’assedio del 1706. La costruzione aveva un diametro di 20 metri, una parte emergente di due piani fuori terra e scendeva fino a 22 metri di profondità. La falda freatica era raggiunta da una rampa elicoidale contrapposta a una seconda rampa ascendente, larghe ciascuna 1,54 metri. In questo modo era possibile condurre cavalli a coppie ad abbeverarsi senza incrociare la discesa con la risalita, rendendo l’operazione molto rapida.  Le rampe erano collocate in due anelli concentrici di muratura  illuminate da finestroni e con ricopertura a botte.

Il Pozzo non ebbe riscontri nelle altre fortezze europee, tuttavia gia verso la fine del XVIII secolo si trovava in condizioni di abbandono e degrado, come descritto dal generale Spirito Benedetto Nicolis de Robilant in una sua sua relazione manoscritta.

Il Cisternone fu danneggiato la notte del 20 agosto 1698, quando la polveriera della cittadella di Torino colpita da un fulmine alle 3 della notte, salto’ in aria con i suoi 78 mila chili (8500 rubbi) di povere pirica. L’esplosione devastò quartieri e magazzini, scuderie, chiesa e palazzo del Governo, con oltre 100 morti e 200 feriti. Il Maschio stesso fu scoperchiato dalla violenza dell’esplosione. Il duplice colonnato della parte fuori terra del Cisternone fu abbattuto. Danni furono subiti sia in città sia nei paesi circostanti, quali Venaria e Moncalieri.

Il duca Vittorio Amedeo II fece attivare immediatamente il cantiere di restauro che in breve rese la cittadella di nuovo funzionale. Tuttavia l’anello del Cisternone  non fu ripristinato, anche perchè era fin troppo visibile da lontano e rischiava di diventare un facile bersaglio per l’artiglieria nemica in caso di attacco. Dopo l’assedio del 1706, nel quale si rivelò di fondamentale importanza per il rifornimento idrico della Cittadella, il Cisternone cadde in disuso e fu lasciato in degrado.

Alla fine del XVIII secolo, precisamente il 22 giugno 1799, la cittadella, occupata dai Francesi repubblicani, dopo un breve assedio da parte delle forze austro-russe del generale Suvorov sotto il comando del generale Kleim, fu sottoposta ad un devastante bombardamento di 29 ore consecutive. Dopo la resa dei francesi, l’esercito imperiale fece gettare in quello che rimaneva del Pozzo i cadaveri dei soldati francesi morti durante l’assedio, che fu poi colmato con terra e detriti e chiuso con calce. La scomparsa definitiva avvenne nel 1856-1857 con i decreti del ministro Paleocapa che consentirono la lottizzazione di tutta l’area della cittadella. Nel 1898 sopra i resti del cisternone fu costruita la scuola Ricardi di Netro.

La riscoperta del Pozzo (1890-2006)

Le prime ricerche volte al recupero del Cisternone sono intraprese da Riccardo Brayda (1849-1911), ispettore degli Scavi e Monumenti del Circondario di Torino, negli anni Novanta dell’Ottocento, ma, contrariamente al suo progetto di conservarne i resti il Ministero della Pubblica Istruzione dispone, per ragioni economiche, l’interruzione dei lavori. La costruzione della scuola Ricardi di Netro, iniziata nel 1899, determina un ulteriore intervento di parziale demolizione per formare una parte dei sotterranei del nuovo edificio.

L’indagine archeologica moderna, impostata nel 1994 su progetto di Guido Amoretti (1920-2008), dopo una campagna di prospezioni preliminari, è proseguita con l’apertura di un cantiere di scavo, finanziato dalla Città di Torino, realizzato in due fasi fra il 1995 e il 2006 e condotto a cura del Museo Pietro Micca e dell’omonima Associazione, su concessione della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte.

I lavori hanno permesso il recupero (in via Valfrè 8, nel cortile della scuola “Ricardi di Netro”) del tratto terminale inferiore di una delle due rampe elicoidali, di una delle grandi finestre d’illuminazione e del grande arco di accesso alla vasca per l’abbeverata.

Il pozzo di discesa utilizzato nel corso degli scavi consente oggi l’accesso alle strutture poste a circa 15 metri di profondità, occasionalmente visitabili contattando la direzione del Museo Pietro Micca.

Fonti Archivistiche:

  • Istituto Storico e di Cultura dell’Arma del Genio di Roma (ISCAG), BB.ICO.951/D.8858, MORELLO Michel Angelo [Raccolta di disegni “militari” di Michel Angelo Morello].
  • Archivio Storico della Città di Torino (ASCT), Collezione Simeom, D1, CARRACHA Giovanni, Augusta Taurinorum, 1572.
  • Fondazione Torino Musei (FTM), Perspective de Turin vers le couchant, 1740.
  • Archivio Storico della Città di Torino (ASCT), Collezione Simeom, D 561, BRAYDA Riccardo, CISTERNONE DELLA CITTADELLA DI TORINO. SCAVO AUTORIZZATO DAL MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, 1890.
  • Fondazione Torino Musei (FTM), Fondo Gabinio, 29AQ_061.
  • Fondazione Torino Musei (FTM), Fondo Gabinio 29AQ_062.
  • Archivio di Stato di Torino (ASTo), Conti, Fabbriche e fortificazioni, Art. 203, Mazzo 2, N. 15 «Registro de’ diversi mandati fatti per la fabrica della Cittadella di Turino. Incominciato il XV di Maggio 1565».
  • Archivio di Stato di Torino (ASTo), Conti, Fabbriche e fortificazioni, Cittadella di Torino, Art. 178, Mazzo 2 «Contorollo de’ mandati fatti per la fabrica della Cittadella di Torino dal 1565 sino al 1569».
  • Archivio di Stato di Torino (ASTo), Contratti, Art. 696, Paragrafo I «Contratti del Seg’ro Gromis 1565 in 1574».